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      Quindi cercasi l'unità nella storia universale, la si sottopone ad un disegno unico; s'imagina che un popolo modifichi gli altri popoli con un ainfluenza ragionata quanto quella reciproca degli individui che vivono in una stessa società. Questo pensiero fu suggerito alla metafisica dalla religione. Col dare un sol Dio all'universo il monoteismo dava necessariamente un signore unico alla natura, un sol monarca a tutti i popoli, i cui destini venivano imaginati quasi altrettantio episodi della grand'epopea dell'umanità. Secondo tale concetto il dramma ha principio nel cielo, cade sulla terra, nel mezzo di accidenti anticipatamente predisposti, poi si compie di nuovo nel cielo. Qui l'unità della storia universale trovasi non nell'uomo, ma in Dio; Dio solo opera, l'uomo è un istromento: qual è il pensiero, quale l'azione di Dio? Bisogna indurlo da ciò che si vede sulla terra, dalla storia stessa di tutti i popoli: che troviamo nella storia? Mancando i fatti, le religioni devono inventare il disegno dell'universo consultando sé stesse: che potevano insegnare? I loro propri dogmi mescolati di favole e di odii. L'India associava l'universo alla storia delle sue divinità; il cristianesimo vedeva nel mondo antico un sol popolo, gli Ebrei; un sol fatto, la redenzione di Cristo; poi non lasciava ai popoli se non l'unica alternativa di accettare o di combattere la chiesa, di accettare o di falsare la la fede. Così il cristianesimo vedeva la provvidenza solo ne' suoi dogmi; trasformava il momento della storia ideale, che rappresentam nella legge universale; malediceva tutto quanto oltrepassasse il suo momento, disconosceva il passato che avevalo generato; e finiva per disconoscere la forza provvidenziale che risiede nella rivelazione naturale, in cui dato un principio, l'uomo può giungere all'umanità. Lungi dal dominare la fatalità, il cristianesimo la esagerava di mille doppi; ed ora il cristianesimo in decadenza, dovrebbe confondere col fato il suo Dio, impotente contro l'inferno che prevale.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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