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      Una sola eccezione basterebbe per rendere dubbia l'unità e per distruggerla: non è lecito di imitare Hegel, che scansa artificiosamente i popoli inutili, le razze senza missione, le regioni non istoriche; volendo rispondere alla logica bisogna o spiegar tutto o lasciar tutto preda del fato; non bevvi via di mezzo Ora, non è forse evidente che, per render ragione della storia, fa d'uopo sostituirsi al dio dell'antica metafisica? non è chiaro che nell'assunto hegeliano è mestieri conoscer tutto per sapere qualche cosa? Da ultimo, non è patente che la prima condizione dell'unità della storia universale sarebbe di dominare e di dimostrare logicamente quella rivelazione naturale che deve, al contrario, dominare la ragione sotto pena di spingerci nel mezzo di un assurdo senza limiti?
      Lasciamo la storia universale all'erudizione: essa è varia, fatale, esterna, dipendente da mille dati tisici, da mille eventi politici. La causa e gli effetti, vi si svolgono in modo, che il minimo e il più grande tra gli eventi stanno collegati con vincoli indissolubili. Cesare suppone l'Egitto, la Grecia, le Gallie; suppone Roma; esce da tutti gli accidenti che lo assalgono al suo nascere, perisce con tutti i casi che determinano la sua morte. Se la mano di Bruto trema, se Cesare prima di entrare nel senato ascolta un suo presentimento, se una freccia lo colpisce al varco del Rubicone, tutti gli avvenimenti della storia avrebbero mutato faccia, spostando ogni anello nella catena degli uomini e delle cose da Cesare sino a noi.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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