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      Rimane sempre che io sono uno nella mia felicitą; che sono uno nella simmetria sfuggevole della mia vita: un bene che violi questa simmetria, non č un bene; essa non tollera addizioni grossolane, e se viene alterata, perisce per intiero. Tale č la vita in tutti i momenti della mia esistenza, in tutte le epoche della storia. Dunque l'equazione dell'interesse disconosce il ritmo, lo nega, e finisce a mettersi in contraddizione coll'io. In secondo luogo, i metafisici della sensibilitą nell'abbozzare l'arte di vivere sono addotti a riprodurre sotto nuova forma i precetti dei razionalisti; essi parlano come se una ragione meccanica, invariabile governasse l'universo, o come se la natura fosse una divinitą; egli č vero che si attengono a questo mondo, per essi non havvi nč una falsa natura, nč un falso universo; non sostituiscono il vuoto all'essere, il cielo alla terra. Pure non riescono nell'intento, e sono smentiti e ripulsi dalla natura. Poichč, in ultima analisi, la natura non risponde all'aspettativa dell'uomo; se vi risponde, spesso s'inganna; che fare? La teoria č positiva, materiale; ed essendo affatto meccanica, termina tutta nel meccanismo: se il meccanismo fallisce, bisogna sostituire all'aspettativa il disinganno, alla speranza la disperazione, al coraggio la viltą, al ritmo della vita una scempia igiene per la conservazione della nostra salute. Il ritmo guerriero, militante, che invoca la solidarietą umana, viene compiutamente disconosciuto. Quindi la filosofia inutile alla vita; quindi gli ardenti apostoli della libertą trasformati da una disfatta in misantropi inetti; quindi il magnanimo entusiasmo surrogato poi da un duro disprezzo per l'umanitą, il quale dovrebbe pur essere riservato a coloro che confidano la causa del vero ad un evento, e non al principio stesso della vita.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693