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      La commozione è un fenomeno latissimo; siam commossi dalle sventure, dalla felicità dei nostri simili, dai medesimi nostri interessi. Se l'arte avesse il solo scopo di commuovere, il bello e il deforme servirebbero ugualmente alla poesia; l'arte non potrebbe distinguersi dall'ebbrezza, dall'amore, dal delirio, dalla follìa: il poeta avrebbe il diritto di errare tra stolte paure, di porre il suo scopo in un errore volgare, di distruggere l'arte cercando l'equazione dell'affetto.
      Hegel rinnovò la metafisica dell'arte, dichiarando che l'arte è la conciliazione della natura e della ragione, che sta fra il mondo sensibile ed il pensiero, esprime sensibilmente ciò che non è sensibile, cioè la ragione. Così la bellezza dell'animale mostra sensibilmente l'idea invisibile che organizza l'animale, così l'epopea svela sensibilmente la ragione dell'epoca a cui appartiene. Il fatto nudo non è bello, il pensiero non può esser visto, la poesia tocca al fatto ed al pensiero, ed emerge dalla contraddizione che rende visibile l'invisibile. L'estetica di Hegel ci offre un merito altissimo e un capitale difetto. Il merito si è di mostrarci d'un tratto tutte le contraddizioni della poesia, ragionevole senza essere la ragione, imita la natura senza imitarla, ammaestra senza voler ammaestrare, ci perfeziona senza volerci perfezionare; è folle senza follìa, è savia senza essere savia, è ordinata senza essere veramente ordinata, è capricciosa senza capricci: insomma trovasi in contraddizione con tutte le cose che tocca.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





Hegel