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      Analizziamo i due casi. Se il carattere della pazzia viene determinato dalle forze de' nostri istinti, devonsi enumerare gli istinti, considerando ogni demenza come l'eccesso o il difetto di una forza istintiva. Allora la pazzia sarà la melanconia che resiste a tutte le distrazioni, l'orgoglio che sfida il mondo, la superstizione che uccide l'infermo, la collera che gli rende impossibile di vivere co' suoi simili; isolata in un istinto, la follìa riducesi ad una forza anormale. In qual modo determinare il difetto e l'eccesso dell'istinto? Nessuno può dirlo; il grado della passione esteriormente misurato ammette una latitudine indefinitamente più grande di quella lasciata dal ritmo interno: essa varia colla situazione, colle idee, colla civiltà: molti pazzi per ambizione sono meno ambiziosi di Cesare; molti dementi per amore amano meno di Eloisa. L'ostia consacrata è un tesoro per il cattolico, per l'istinto isolato non ha alcun valore. Isolarsi nell'istinto e misurarlo sono due cose egualmente impossibili: quando noi affermiamo colla maggior sicurezza, che un infermo è pazzo di amore, di collera, di vanità, di superstizione, non è l'istinto isolato che noi consideriamo, non è la forza dell'azione che noi misuriamo; giudichiamo il demente col ritmo de' nostri sentimenti, e lo troviamo sì traviato, talmente fuori della natura, che gli è impossibile di vivere, che convien vegliare sopra di lui, che dobbiamo togliergli la libertà, che, in una parola, lo sentiamo pazzo, non per l'eccesso o per il difetto, ma per il disordine della sua ispirazione.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





Cesare Eloisa