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      Chi determina il dovere di conservarci? L'interesse: esso riconosce i nostri bisogni, li misura, mostra il modo di appagarli, prefigge lo scopo della conservazione, subordina i mezzi allo scopo, benchè l'ispirazione che traduce lo scopo in dovere sorga dal fondo del nostro cuore parallela allo sviluppo della nostra natura interessata. Noi dobbiamo perfezionarci: perché? L'interesse solo risponde; ci mostra che la nostra sorte dipende dal nostro sapere; che, fuori del vero, non havvi salvezza; che per conservarci dobbiamo perfezionarci. Insomma, l'interesse ci vuole prudenti nel deliberare, temperanti nel godere, forti nell'operare; la prudenza, la temperatura, la forza, sono utili, ci difendono, ci proteggono, ci perfezionano, benchè l'obbligazione provenga dalla nostra dignità, dal sentimento interno, da un ritmo morale, che ci avverte essere una violazione di noi stessi il darci sconsigliatamente alla intemperanza, alla paura, alla codardia. Siamo sempre consigliati dall'interesse, benchè sempre sostenuti dalla legge del sacrifizio; la morale privata è un'arte come la danza, come la pittura, è l'arte dell'egoismo, benchè confidata a un io ancor più interno dell'io interessato, per cui nel fondo della coscienza ogni nostro interesse deve essere difeso a costo della vita.
      La morale pubblica che governa le nostre relazioni coi nostri simili si fissa alla volta sua coll'interesse. Quando la legge comanda di non uccidere, di non ferire, di non rubare, di non fare ingiuria, essa esprime l'interesse generale dell'umanità: quando comanda di fare agli altri quanto vorremmo fosse fatto a noi stessi, annunzia ancora un precetto d'interesse generale.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693