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      Si trionfava, il popolo applaudiva redento e liberato dalla tirannia antica. Ma l'interesse valeva solo perchč sostenuto da un nuovo sentimento, solo perchč concetto in un sistema nuovo; e procedevasi vittoriosamente in teoria per la sola ragione che s'ignoravano gli interessi del medio-evo. A buon diritto i filosofi del secolo decimottavo opponevano gli interessi della civiltą a quelli del papato, i valori della terra a quelli del cielo, i diritti del popolo a quelli dei signori. Pure l'interesse in altri tempi aveva giustificato la tortura, la ruota, i pił atroci supplizi. La giurisprudenza della tortura era dedotta dal principio della necessitą per cui si torturava l'innocente nell'intento di togliere l'impunitą al colpevole: ed era necessario torturare lo stesso colpevole confesso, perchč il suo silenzio non sottraesse i complici alla giustizia; il silenzio era una ribellione. Si freme, ma il ragionamento della difesa era spietato. Se il giudice condanna il colpevole ai lavori forzati, se lo condanna al supplizio della solitudine nelle celle del sistema penitenziario, perchč non potrebbe condannarlo al dolore della tortura per estorcergli un secreto? Lo stesso si dica di tutti i supplizi; se la prigione non bastava ad atterrire il colpevole, perchč il legislatore non l'avrebbe punito colla morte? se la morte non bastava, perchč non aveva il diritto di spargere un terrore pił spaventevole? L'uomo sulla ruota, il malfattore squartato dai cavalli, i teschi umani esposti alle porte della cittą, nelle gabbie, ecco gli spettacoli del medio-evo, giustificati dalla logica dell'interesse.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693