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      Così le Sabine, rapite dalla forza, diventavano spose per amore; così i Romani, padroni del mondo per la forza delle armi, lo diventarono di diritto quando vennero preferiti all'antica barbarie: così l'invasione germanica divenne l'aristocrazia del medio-evo. Verun conquistatore non pretese mai di regnare col solo diritto del più forte; tutti si sono fatti legittimare, tutti hanno reclamato i titoli di conti, di marchesi, di vicari della Chiesa, dell'Impero, di alleati dei popoli vinti; insomma tutti hanno voluto fondare la loro autorità sulle tradizioni di una sovranità anteriore. D'onde questa pretensione? Dalla convinzione profonda, immortale presso tutti i popoli, che abbisogna un patto per regnare, e l'ingiustizia stessa deve presentare l'apparenza del contratto. Io vi sono necessario, dovete accettarmi; ecco le due parole che riassumono gli, atti di ogni conquistatore. La prima esprime l'interesse del patto, la seconda esprime il diritto; la prima dipende dallo scambio dei valori, la seconda dallo scambio giuridico.
      Sarà agevole il distinguere la nostra soluzione dalla metafisica della guerra, che subì molte fasi complicandosi con problemi della storia e della civiltà. Noi non citeremo se non due sistemi, l'uno che giustifica tutti i conquistatori, l'altro che giustifica tutti i popoli sconfitti. Il primo parte dal principio che la guerra deve decidere ogni lotta internazionale, che essa sarebbe inutile se non mettesse fine ai conflitti e se il diritto non fosse vincitore.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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