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      Qui ancora la metafisica trovavasi impotente, combatteva con armi che non sono di questo mondo; s'impegnava involontaria a difendere tutti i popoli meritamente conquistati dai Romani, dalla chiesa, dalle nazioni progressive; s'impegnava in cause perdute, con dogmi destituiti di forza e perenti dinanzi al progresso. Quale sconvolgimento! Combatterò per la dichiarazione dei diritti dell'uomo; ma se debbo difendere il regno dello Spirito Santo contro la chiesa, o l'eresia de' gnostici contro i cristiani, o i sacrifizi umani dell'antico mondo contro i Romani che li abolivano, in una parola se debbo confondere la mia causa contro i potenti con cause già vinte dal progresso, allora sostituisco il torto alla ragione, e lascio la ragione ai potenti.
      Quanto dico della metafisica della guerra relativamente al passato, applicasi alla guerra relativamente all'avvenire. Anche qui le antitesi filosofiche si fan giuoco della ragione; si esce metafisicando a fondare la desiderata umanità, sia colla pace proclamata dappertutto e per sempre, sia colla guerra a dispetto di tutti. Vediamo riprodursi nella guerra della propaganda rivoluzionaria l'antitesi della guerra interna contro governi retrogradi. Si dice: «Volete voi liberare i popoli? Non si dà libertà con la forza, la forza è tirannica;» ecco l'ipotesi della pace sempiterna, ipotesi che vilipende le guerre della Convenzione e di Napoleone. Si può mostrare che la guerra decade come lo Stato, come la pena: si può mostrare che l'industria de' conservatori la paventa qual disastro economico, che l'industria resa al popolo la paventerebbe qual catastrofe sociale.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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