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      Ogni vizio della religione deriva da un primo vizio: la fede in Dio che governa il mondo. La religione vuol essere un sistema unico, vuol tutto spiegare storicamente. Sa perchè il mondo fu creato, perchè il sole c'illumina, conosce il genio che lo muove, sa tutto in un modo certo e positivo, e la sua scienza è sottoposta agli Dei. Ne consegue che le forze non sono più forze, sono effetti di una volontà o di un pensiero superiore alla natura. Gli alberi, gli animali, tutte le creature si presentano all'uomo quali segni del linguaggio personale degli Dei: si dimanda al cielo il senso occulto delle cose, si suppone uno scopo, un'intenzione divina in ogni essere. La disposizione degli astri, la configurazione dei fiori, degli animali, il corso delle stagioni, tutto è interpretato sotto l'aspetto degli istinti, dei capricci, dei piaceri attribuiti ai genii che reggono il mondo: a poco a poco l'idolatra, col moltiplicare le ipotesi e le congetture, tramuta l'intera natura in una natura imaginaria: la natura non vive più della sua vita. Dio toglie l'anima ad ogni essere.
      Lo stesso fatto deve cedere al miracolo. Gli idoli son prodigi, la loro vita è un continuo prodigio; essi dispongono degli astri, degli elementi, di tutto; essi ci signoreggiano. Soggiogato dalla propria finzione, l'uomo deve invocarli, adorarli. Rispondono all'invocazione, alla preghiera, all'adorazione? Ecco il miracolo. Il miracolo li mette in relazione con noi, li rivela; la rivelazione sacra comincia a formarsi.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





Dio