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      La rivelazione cristiana si è sviluppata coll'analogia, colla visione, colla finzione. Invano Cristo fu prudente, la scienza gli toglie la favola del testamento antico, l'allucinazione de' patriarchi, gli ossessi del vangelo, l'estasi di Giovanni di Patmos. Il delirio della Bibbia più non inganna.
      La rivelazione cristiana è talmente sconfitta, che la confutazione ha cessato e oramai noi ammiriamo il cristianesimo: per noi non è più un errore, non è più un inganno; più non ci muove a riso; siamo a tale distanza dal vangelo e dalla chiesa, che vi troviamo la figura della nostra rivoluzione, in quella guisa che scoprivasi nel giudaismo la figura del cristianesimo.
      Dio padre è il simbolo della fatalità; egli è inesorabile; egli è l'essere che sta nel fondo di tutti gli esseri; egli è la guerra universale con cui la natura ci preme e ci flagella al progresso.
      Dio figlio è l'umanità; egli deve nascere, deve crescere, deve placare il padre, domare la guerra, consociare gli uomini senza divario di nazione, di origine e di lingua. Egli vive in noi; il suo spirito discende dovunque due o tre persone si uniscono in suo nome, si svela quando l'uomo rivendica la sua ragione, che egli aveva trasportato fuori di sé. E Dio, divenuto la ragione di ogni individuo liberato dalla rivelazione naturale, promette il riscatto, promette la salvezza individuale e universale: l'uomo non è più fuori di sè, l'autorità svanisce, la dominazione scompare, ogni uomo è pontefice e re.
      Il cielo cristiano è la terra; i beni vaghi e indefiniti promessi da Cristo sono i beni dell'avvenire, che nessuno può nominare.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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