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      Sono più impotenti di Socrate perchè Socrate era più ignorante di essi. Egli è indeciso, incerto nel regno dell'impossibile: Socrate vuol essere ignorante, vuol fuggire la dottrina degli antichi filosofi raccoglie quanto gli bastava a vivere libero di mente nel mondo della natura. I suoi successori devono trasportare nel campo delle contraddizioni la signoria dell'uomo redento dalla religione e dalla conquista, devono sistemare nell'impossibile il regno della ragione. Socrate limitavasi a fondare gli interessi sul vero: dopo Socrate convien spiegarsi: In che consiste l'interesse? nel piacere? nella virtù? Perchè la verità deve rispondere all'aspettativa dell'uomo? Perchè la ragione è la misura dell'universo? Che cos'è la verità? Dov'è? Come può essere assicurata? La critica interroga, la metafisica risponde, e continua il martirio di Socrate.
      Platone, che entra il primo nel regno della ragione astratta, l'ordina coi generi,nche trasforma in tipi, immedesima il bene, col vero e colla forza: ed a che servono l'equazione? Platone afferma che la natura corrisponde all'aspettativa dell'uomo, ma è una natura ideale che vi corrisponde, una natura trasmondana. Platone combatte la patria, che gli avvelenava il suo maestro, ma non parla più ai cittadini per rigenerarli; non vive in piazza, ma frequenta le corti, cercando la patria del maestro nel cielo. Combatte le divinità della Grecia, ma la metafisica gli impone di cercare un segno della patria celeste, e se respinge il miracolo, crede al delirio, se disdegna i Greci, Platone crede ai barbari, cita la tradizione di Er l'armeno, trasportato, dicesi, nel mondo invisibile, dove vide il giusto ricompensato e l'iniquo punito.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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