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      La paura dei mostri doveva ritenere Locke nel mondo della natura, allontanandolo dalla regione dell'impossibile, che comincia nel diventare, nel nascere, nel perire, nell'alterarsi, e dove si ondeggia tra il sì e il no, e dove l'antico buon senso soccombe al sofisma del cumulo.
      Fin qui la rivelazione di Locke: e bastava perchè il centro del sistema sociale mutasse il punto d'appoggio, e il regno della natura si sostituisse al regno di Cristo. Sulla rivelazione naturale presero immediatamente radice que' frammenti di scienza che erravano esuli dall'antico sistema; si coordinarono tutte le indagini storiche che fondavano la nuova storia dell'umanità, sorgeva quell'ispirazione di giustizia e di verità che vuole ogni uomo redento di mente e di cuore. I filosofi furono unanimi, furono interi per la prima volta, furono, come si disse, plebei.
      La metafisica, espugnata, non vinta, dalla scuola di Locke, subisce una nuova fase, e anche qui la troviamo incapace di por mano alla liberazione dell'uomo. Il punto decisivo dell'emancipazione stava nel negare positivamente l'esistenza di Dio. Ora, la metà della scuola di Locke è deista: il nuovo deismo non è più la religione astratta del secolo dccimosettimo, non è più la terra neutrale dove si riunivano quasi amici i metafisici e i teologi. Il desimo muta sembiante, combatte il cristianesimo, deve maledire l'ingiustizia del Dio di Adamo, di Abramo e di Cristo. La rivelazione naturale è ancora ingombra di e d'antitesi, esita ancora sulla causa, sulla sostanza; non sa dove cominci, dove finisca la critica, non sa come debba, imporsi , come sia continuo in ogni fenomeno l'essere e il parere; e si tollera, si accetta il deismo, benchè ogni trattato lo confini in un ultimo capitolo, quasi sentina delle immondizie metafisiche, quasi rifugio dei mostri non vinti da Locke.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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