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      Il solo Robespierre resiste all'idea di dichiarare la guerra. «Esaminiamo,» diceva egli al club dei giacobini, «di qual specie di guerra siam noi minacciati. Trattasi della guerra di una nazione contro altre nazioni? trattasi della guerra di un re contro altri re? No, trattasi della guerra di tutti i nemici della costituzione francese contro la rivoluzione francese. - La guerra,» continuava egli, «č sollecitata dal nemico, e piace al ministero, alla corte, a tutti i seidi dell'aristocrazia. Imparate adunque che il vero nemico č in Francia. Imparate che la guerra č buona per gli officiali militari, per gli ambiziosi, per gli agitatori, essa č buona pei ministri, le opere dei quali essa copre di un velo impenetrabile e quasi sacro; per il potere esecutivo, del quale accresce l'autoritą, l'ascendente e l'aura popolare; essa č buona per la nobiltą, per i faccendieri, per i moderati che governano.» L'entusiasmo cresceva, e cercava il nemico alle frontiere. Robespierre insisteva dicendo: «Invece di spacciare con enfasi tanti luoghi comuni sugli effetti miracolosi della dichiarazione dei diritti e sulla conquista della libertą del mondo, fa mestieri ponderar bene le circostanze in cui ci troviamo e gli effetti della nostra costituzione. Non č forse al solo potere esecutivo ch'essa dą il diritto di proporre la guerra, di farne gli apprestamenti, di governarla, di sospenderla, di rallentarla, di affrettarla, di scegliere il momento e di regolare i mezzi per farla? In qual modo spezzerete voi tutti questi ostacoli?


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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