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      Come mai i suoi filosofi del XVIII secolo avrebbero trattato dell'arte di regnare sui culti?
      Venezia sul punto di morire non aveva diritto di parlare. L'antico suo vanto era stato di rimanere straniera all'Italia di cui non aveva riconosciuto nč il regno longobardo, nč il gran patto di Carlo Magno colla chiesa, nč le ultime libertą dei Berengarj, nč, le lotte di Gregorio VII colla Germania, nč le rivoluzioni guelfe e ghibelline. Vuota di pensieri, facevasi assai tardi italiana, all'epoca della sua decadenza, nei tempi dei signori, dopo di avere deliberato se dovesse trasportare la sua sede a Costantinopoli e se stava in Italia per necessitą, ad ogni passo nella sua naturalizzazione subiva una sciagura. Incominciava la sua italianitą colla serrata del Gran Consiglio escludendone a perpetuitą ogni nuova famiglia; si assettava creando il tetro convegno dei Dieci che costituiva un governo nel governo, si perfezionava inventando l'inquisizione dei Tre con poteri occulti illegali illimitati, si faceva moderna colla sconfitta di Agnadello che rivelava l'incurabile debolezza della republica e si conservava poi col tacere, col dissimulare sč stessa, coll'interdire ogni discussione di politica, di religione, di riforma, di rivoluzione, e lasciando le teorie francesi ai commedianti del carnevale e la libertą all'eterna minoritą di un popolo frivolo. Lodavansi le sue instituzioni, ma chi le imitava? I suoi politici capovolgevano a ciarle l'insegnamento italiano; come mai Venezia avrebbe dato un filosofo capace di rivelare le leggi della civiltą che doveva fulminarla?


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La mente di Pietro Giannone
Lezioni
di Giuseppe Ferrari
Tipografia del Libero Pensiero
1868 pagine 187

   





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