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      Il Piemonte assorto nell'adorazione del suo re, all'avanguardia tra i moti di Francia e di Germania, condannato a vivere combattendo o tergiversando tra le rapide evoluzioni degli eserciti poteva forse conquistare lo sguardo tranquillo che contempla i popoli come fenomeni e conta i secoli come anni? L'azione uccide il pensiero e lo obbliga il diventar raggiro, declamazione, insidia; essa chiede espedienti e non teorie; fraternizzando coi più retrogradi partiti per ottenere il silenzio opporrà il gesuita Bottero al secretario della Repubblica di Firenze, e se dovesse fraternizzare colla libertà la vorrebbe progetto, disegno, una specie di ghiribizzo munito di tutti gli espedienti necessari alle giravolte. Quindi l'esilio d'Alfieri, del resto anch'egli rivoluzionario e nemico della rivoluzione francese e ostile alla Francia, sempre contraddittorio tra i due programmi che elidono l'ibrido regno subalpino del quale non si sa neppure se sia regno di Piemonte o di Sicilia o di Sardegna o di Savoja.
      Spetta quasi sempre alla Toscana il rappresentare il pensiero italiano e il dargli una forma; ma un difetto le toglie di essere la culla della filosofia della storia, essendo Firenze per carattere, per tradizione, per temperamento e si direbbe per principio, estranea alle scienze filosofiche. La logica, la rigorosa deduzione delle leggi, il concentrare l'attenzione sulle nude astrazioni, l'esaminarne con passione i contrasti, le ripugnanze, le assonanze, il dimenticare l'universo pensando come se non esistesse, il rifarlo colla pura invenzione metafisica senza vani riguardi, colla pace dell'assoluta solitudine, il passare gli anni su transizioni creatrici, dove una parola, una sillaba può tradire e condurre a invisibili catastrofi, il rimanere al di fuori dell'arte, dell'azione, della pratica, e della vita stessa per vivere coll'atomo, o colla monade, o coll'essenza o con un principio per sè nullo, ma generatore di tutto, in una parola il filosofare, è cosa esosa al toscano.


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La mente di Pietro Giannone
Lezioni
di Giuseppe Ferrari
Tipografia del Libero Pensiero
1868 pagine 187

   





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