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      Ma diremo noi che se Amalasunta fosse stata più ardita, o Giustiniano più timido, l'Italia sarebbe rimasta gotica e ariana? - E per qual motivo sottentra poi al dominio dei Greci il regno longobardo, questo aerolito massimo della storia nostra? Ancora a causa della volontà dei capi, risponde Giannone, cioè a causa dell'imperatore Giustino stoltamente tirannico, del generale Narsete sdegnato contro l'imperatrice Sofia, del re Alboino tratto da Narsete a lasciare uno Stato in Pannonia per fondarne un altro in Italia; e collo stesso metodo, sempre guardando in alto, attribuisce lo storico alla malignità di alcuni papi la discesa di Carlomagno e il regno dei Franchi; alla compiacenza di Ottone I la nuova discesa dei Tedeschi contro il regno italiano; e per fermarsi nel mezzodì, egli fa dipendere dallo spirito cavalleresco di quaranta pellegrini normanni il nuovo regno delle Due Sicilie, del matrimonio della regina Costanza l'invasione imperiale degli Svevi, dal mal animo di alcuni pontefici la calata di Carlo Angiò, da altre volontà non meno regie, principesche ed accidentali le dominazioni ulteriori degli Aragonesi e degli Spagnuoli.
      Ma se le dieci conquiste del mezzodì erano epoche, progressi, vere rivoluzioni o determinate fasi di epoche, di progressi e di rivoluzioni, bisognava studiarle nei popoli che forse le invocavano, nei vinti che forse applaudivano e incoronavano i vincitori, nelle moltitudini donde nascevano le innovazioni, le insurrezioni, i tumulti, i moti falliti ma ripetuti, i quali riuscivano poi alle nuove dominazioni, dove l'invasione poteva essere liberazione.


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La mente di Pietro Giannone
Lezioni
di Giuseppe Ferrari
Tipografia del Libero Pensiero
1868 pagine 187

   





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