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      Lo storico napoletano non respinge assolutamente la prima opinione ed anzi ricorda che secondo Lucrezio ed altri forse sorge l'uomo in un'era di decadenza e di affievolimento, per cui cessando la natura di produrre animali giganteschi, s'impicciolisce nella nostra razza, destinata ad impiccolirsi nuovamente per proporzionarsi ad un mondo che più non crea, se non minutissimi insetti. Perciò conosciamo noi i primi tentativi delle arti, i primi sforzi dell'industria, i primi vagiti dell'umanità. Ma d'altra parte, quante rovine pure conosciamo, soggiunge Giannone nell'Ape; chi sa quante volte si è fatta o rifatta la civiltà! Quante invenzioni sono state più volte conquistate e perdute! o perchè l'uomo non sarebbe eterno come il mondo? Qualunque però sia il mistero della nostra origine, noi dobbiamo fermarci nel fatto della natura attuale, e ci convien fondare la scienza sull'esperienza e questa ci rinchiude nel mondo come se la volta del cielo fosse di ferro. Quindi più non può frangerla Dio col fiat e coi miracoli, più non ne possono scendere gli angeli per frammettersi alle nostre vicissitudini(6), svaniscono i giganti di cui lo storico napoletano non trova traccia nel mondo, non crede neppure alla longevità dei primi patriarchi di cui crede favolose le gesta; non hanno essi mai intesa la voce di Dio, fuorchè ne' loro sogni ed anche accettando la storia sacra noi restiamo coi dati di una storia positiva che smente il catechismo romano.
      Difatto i primi abitatori della terra credevano forse al regno dei cieli?


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La mente di Pietro Giannone
Lezioni
di Giuseppe Ferrari
Tipografia del Libero Pensiero
1868 pagine 187

   





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