Pagina (78/187)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Quel dio fatto d'idee con cui Leibnitz aveva puntellato il pericolante edifizio della fede, è per lui un vano sofisma. Come mai dedurre la creazione da un Dio inesteso senza che il mondo venga per assurdo dal nulla? come dedurla da un Dio che non può toccarlo senza decomporsi, che non può crearlo senza limitarsi, che non può reggerlo senza cessare di essere? Gli atomi d'Epicuro travolti nei vortici cartesiani lo distruggono e staccati dalla vita universale restano impotenti inanimati; vi daranno il moto, l'aggregazione, la disaggregazione, un mondo di circoli, di figure, di urti, o piuttosto un turbine di sabbia, ma non certo il mondo nel quale viviamo.
      Istessamente spiegate voi l'uomo coll'anima una, indivisibile ed immortale? Anche qui come mai lo spirito in esteso reggerà il corpo? le parti del corpo non potrebbero servirgli di sede senza decomporlo, senza imporgli le divisioni dello spazio da esse occupato, senza obbligarlo a trasportarsi col corpo da un luogo all'altro violando per sempre la sua natura estranea all'estensione? Come poi un puro spirito darebbe il moto al corpo senza forza, senza sforzo, senza conato, senza comunicazione coi muscoli e con ogni apparecchio sensibile, divisibile e materiale? Concetta nel mondo del pensiero, l'anima si stacca in ogni modo dal corpo, lo lascia a sè stesso, lo abbandona tramortito e automatico in mezzo al vortice delle cose inanimate; e se volete considerarla in sè stessa come se potesse stare sola in presenza di Dio, allora senza corpo, senza vita, senza sensazioni, inestesa e quindi ridotta ad un punto metafico rimane straniera ad ogni nostro desiderio.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La mente di Pietro Giannone
Lezioni
di Giuseppe Ferrari
Tipografia del Libero Pensiero
1868 pagine 187

   





Leibnitz Dio Dio Epicuro Dio