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      Lo stesso Gesù Cristo nell'ultima cena lo asserisce quando, rivolto agli Apostoli, dice che non berrà più di quel sugo di vite se non quando sarà con essi nel regno di suo padre. Come mai non dare un senso materiale alle sue parole?
      Sventuratamente, osserva Giannone, destansi da tali indicazioni nuovi dubbj che stavano per acquietarsi, e non cessano i primi cristiani di domandare se rinascendo col corpo noi saremo eternamente vecchi o giovani, quali ci avrà sorpresi la morte; se ci incontreremo delle madri con immortali bambini al seno; se giungeremo tra le eterne delizie coi difetti dell'attuale nostro corpo. E qual sarà la nostra scienza nel cielo? Con qual lingua, in qual modo converseremo noi cogli eletti da Dio? Lo storico napoletano moltiplica le insolubili objezioni sotto forma di dubbio, e fedele al suo metodo, egli resta sempre istorico, sempre cristiano, esponendo solo le opinioni dei Padri, e concludendo con S. Agostino: "le nubi, dic'egli, gli astri, lo spettacolo del giorno e della notte che si dispiega al di sopra delle nostre teste, non si mostrano se non un cielo inane, che il corpo non può abitare, che la mente non può accettare, e dal quale la felicità è assente nello stesso tempo che la ragione".
      Ma per quanto possa fallire ogni spiegazione, rimane fuori di ogni dubbio che, credendo alle parole di Cristo, l'universo sarà trasformato, e una nuova regione felice come l'Olimpo dei Greci o l'Eliseo dei Romani raccoglierà tutti gli eletti, cui saranno offerte tutte le felicità già accordate agli dêi degli antichi.


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La mente di Pietro Giannone
Lezioni
di Giuseppe Ferrari
Tipografia del Libero Pensiero
1868 pagine 187

   





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