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      Costei gli porse tanta gravezza con la paura che usciva dai suoi occhi, che Dante, fuori di speranza di toccare la cima del colle, dovette ritornare in basso loco respinto senza pace dalla lupa là dove tace il sole (Inf., C. I, v. 13-61).
      Questo tratto d'allegoria non ha tutte le sembianze d'un fatto, d'un'impresa mal riuscita? Quando ciò fosse converrà ricercarne la spiegazione nella vita del Poeta, se è quegli a cui il fatto riguarda.
      Non s'ignora che Dante a 35 anni, cioè il 1300 dell'êra volgare, in cui per la cristianità si celebrò il Giubileo, venne eletto Priore della Repubblica di Firenze sua patria; che branditesi le armi dai divisi fiorentini, perchè i Neri trattavano con Bonifacio VIII di far invadere Firenze a Carlo di Valois, Dante, priore, fece porre ai confini i capi dei due partiti: che essendosi di lì a poco richiamati i Bianchi, la più gran parte ghibellini, e il Papa venuto in timore che questi nella Repubblica non prevalessero, indusse finalmente il pronto Carlo ad entrare colle armi in Firenze; il quale pretessendo colore di mettere pace, se ne rese signore e lasciò saccheggiare ai suoi le case dei Neri: che Dante recatosi a Roma a persuadere il Pontefice a consigli di moderazione, quando fu per ritornare in Firenze se ne trovò sbandito per fatto della corte romana. Ora essendovi tutta la probabilità che la salita a cui Dante si accinse dopo che si fu accorto del suo misero stato e dopo che fu venuto il punto che potè scorgere l'altezza da salire, voglia figurare lo sforzo che l'Alighieri fece per ben meritare della patria e guadagnarsi nome; e potendo ancora esser probabile che l'opera che Dante intendeva di dare alla patria, fosse, secondo la sua mente, ordinata colle leggi di Dio, cioè colla giustizia e col benessere dell'umanità, sicchè mentre giovava al mondo potesse piacere ancora a Dio, e la gloria del tempo fosse principio e dipendenza della gloria eterna, riscontriamo le cose dette or ora con quelle dell'Allegoria.


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La religione e la politica di Dante Alighieri
di Paolo Ferroni
Utet Torino
1861 pagine 85

   





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