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      Non mi si dica che in Dante il fine di questa spogliazione, di questa unione, di questo Italico regno, era diretto ad utilità del Cristianesimo, e che noi lo dirigiamo ad atterrare il Vangelo. Lungi dall'affannarmi a ribattere questa che direi menzogna, io so d'essere dichiarato ribelle della Chiesa, per questo solo motivo, perchè il Pontefice cessa d'essere re di popoli, perchè si schianta la spada che male governa congiunta al pastorale, perchè gli uomini riconoscono i loro diritti, perchè la nazione d'Italia si vuol rendere forte, perchè infine mettiamo in effetto ciò che Dante, non potendo altro, desiderò ed invocò da Dio.
     
      ? Si noti che mostrando le allusioni delle riportate parole di Beatrice al buon nome del poeta, non si toglie loro quello che potessero significare intorno all'anima di Dante figura dell'anagogia.
      ? Ciascuno per sè può trarre facilmente il costrutto da tutte le allusioni qui accennate.
      (1) Dante che voleva recare vitale nutrimento all'umanità, e che intendeva farlo proponendo esempii, i quali, perchè fossero efficaci, non dovevano avere loro radice incognita e nascosa, ma avevano da essere tolti da persone che fossero in altezza di stato e ben conosciute, non ha riguardo che ciò che scriverà sia a molti savore di forte agrume, e che gli possa essere cagione che abbia da perdere, oltre a quello della sua patria, che gli fu tolto, anche il rifugio presso altre genti (V. il CANTO XVII del Paradiso).
     
      (2) Scrive Dante a Can Grande in proposito della Divina Commedia: «Ad evidentiam itaque discendorum sciendum est quod istius operis non est simplex sensus; imo dici potest polysemum, hoc est plurium sensuum.


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La religione e la politica di Dante Alighieri
di Paolo Ferroni
Utet Torino
1861 pagine 85

   





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