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      Se il salire l'erta del colle vuol dire l'imprendere l'arduo governo della sua patria sempre collo stabilito fine, e se Dante in questo governo entrò poco dopo essersi tratto dallo stato oscuro e basso della vita primiera, benissimo sta l'interpretazione data al mattino per principio del governo suo, come conviene quella data alla bella stagione per la rettitudine dell'intendimento di governare Firenze condotto da quel santo lume purissimo che risplendeva in fronte ai primi padri là nell'Eden, lume che conduce seco le raggianti stelle delle virtù.
     
      (8) Il sole che vestiva il colle de' suoi raggi, e che era di tal natura da menare dritto per ogni calle, è il lume divino: l'abbiamo detto. Dante salendo il monte andava per una via illuminata da questo sole. Respinto dalla lupa in basso loco veniva colà dove il sole taceva: è il contrapposto. Ora se l'andata su per lo colle era opera diretta a bene degli uomini, quel bene voluto da Dio, il cadere di Dante dove tace il sole sarà discendere ad una vita dove gli era tolto di procacciare non solo quel bene che prima intendeva di fare, ma qualunque altro, poichè gli veniva a mancare la luce che unica guida per retta via. E si noti che io nè adesso nè mai ho negato che Dante non abbia fatto altro in vita, fino al momento che uscì dalla selva, cioè fino ai 35 anni, che quelle poesie che cantò per Beatrice, che gli potesse acquistare onore. Dante prima di questo tempo tenne cariche onorevoli nella Repubblica. Ma ora sarebbe a dire che tutte queste cariche non mai diresse al sommo Bene, ma a soddisfare la propria anima presa dalla passione di mondano onore solamente.


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La religione e la politica di Dante Alighieri
di Paolo Ferroni
Utet Torino
1861 pagine 85

   





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