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      Non soltanto. Questi brandelli doloranti di una imperitura idealità di giustizia, che avevano fatto gettito della loro vita esuberante e piena di promesse, per affermare, in cospetto al mondo, anche con santa violenza, la bontà della causa da loro difesa strenuamente sino all'ultimo, senza viltà nè rinuncie; questi esseri pieni di poesia umanitaria proclamanti la invincibile solidarietà delle creature viventi; esseri che non avrebbero ucciso un uccellino nè torturato un povero cane e avrebbero pianto lacrime dolorose sulle loro umili sventure, ma che pur avevano dovuto prender le armi per combattere la tirannia; questi sconosciuti e sublimi compagni nostri, avevano dovuto sopportare la più atroce punizione: quella di non poter effondere le loro lacrime, i loro dolori, i loro sconforti nell'intimità vivificatrice della madre, ritemprandosi in una stretta e nello sguardo coraggioso del vecchio padre cadente o nel bacio straziante della donna amata, che poi lontana, nelle sconsolate solitudini del proprio io, quando più l'anima sua sarà sola con se stessa e si specchierà per distruggersi poco a poco nel proprio dolore, i più dilaceranti incubi dell'irreparabile perdita giungeranno ad ottenebrarle la ragione.
      La fortezza dello Schlusselburg va tristemente famosa per il gran numero di condannati che ammalarono gravemente, o si suicidarono, o soccombettero vittime di malattie infettive contratte durante un brevissimo periodo di prigionia.
      Essere condannati a venti anni di segregazione cellulare, è praticamente lo stesso che essere sepolti vivi per sempre; è una lenta, inenarrabile agonia, alla quale è quasi impossibile poter resistere.


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Le carceri russe
di Vera Figner
Cromo-Tipo La Sociale
1912 pagine 65

   





Schlusselburg