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      A questo penoso lavoro vi sono adibiti novanta o novantacinque detenuti i quali devono restare per lunghissime ore del giorno in un piccolo hangar ove la respirazione vi è resa impossibile dal pulviscolo di cotone densissimo, che flotta nell'aria rarefacendola a tal punto da provocare una tosse violenta con principio di soffocazione a quasi tutti i condannati.
      Date queste condizioni di vita non è certo da stupirsi se i sintomi della tubercolosi polmonare non tardano a manifestarsi tra quegli infelici, specialmente se si tien calcolo che tal genere di lavoro è proprio riserbato ai deboli ed ai depressi, tra i quali vi sono adibite anche delle persone già ammalatissime. Va sans dire, che durante il penoso lavoro, le percosse e le sevizie senza nome non cessano mai. Non sembra di essere nelle famigerate piantagioni ove una volta gli schiavi negri lavoravano sotto la sferza crudelissima dei loro aguzzini?
      Il carceriere Vetrof, a cui è affidata la vigilanza speciale dell'opificio, colpisce senza riguardi e le sue percosse lasciano per molto tempo l'impronta della sua forza poderosa; questo sbirro dall'anima truce prova un piacere speciale nel gettar sulla faccia di un carcerato il fondo della sua tazza da caffè. Alla sera, dopo finito il lavoro, i detenuti vengono condotti all'aria aperta e sottoposti a dei faticosi esercizi militari. Queste pseudo passeggiate non sono altro che una tortura sistematica e regolare. Sotto il comando ferreo del vice-direttore, si fan loro eseguire ogni sorta di manovre.


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Le carceri russe
di Vera Figner
Cromo-Tipo La Sociale
1912 pagine 65

   





Vetrof