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      Con questa condizione sine qua non, v'invio il sonetto. I versi di Virgilio nel 4.° delle Georgiche sono gli appresso:
     
      Hi motus animorum, atque haec certamina tanta
      Pulveris exiqui iacto compressa quiescunt.
     
      Servitore devotissimo.
      Perchè sappiate l'impegno che ho colla musa latina, vi mando questa piccola ode in versi coriambici supplicandovi di dirmene il vostro parere.
     
     
      LETTERA XVI.
     
      Villa, 27 Giugno 1695.
     
      Al medesimo.
     
      Col capo pieno di tanti numeri, quanti non ne hanno tutte insieme la computisteria del Papa e la Camera dei conti, rispondo alle due gentilissime vostre. E quanto alla prima, mi duole assai di sentire che la stincatura v'abbia tenuto in letto, ma perchè nella seconda non me ne dite altro, suppongo che siate già guarito, e che stiate bene. Mi ha toccato il cuore la tanto vantaggiosa sentenza da voi data sopra la mia seconda libertà, e siccome tremo quando vi mando alcuna delle mie coserelle, casi poi sgongolo, e mi ringalluzzo, quando veggo che l'approvate. Ma l'aver mandate l'una e l'altra in Francia, dove le censure sono così fiere, guardate che non offenda il vostro giudizio, sedotto forse e subornato dall'affetto che mi portate. Quanto poi alla seconda, godo di avere in qualche parte servito il vostro genio col sonetto in lode de' Buccheri, e mi rallegro in un certo modo con me medesimo che dopo tante e sì gran cose da voi dette in questa materia, sia potuto restare a me ancora qualche piccola cosa da dire. Ma Dio vi perdoni le gran lodi che voi mi date. Una sola lode pare a me di poter giustamente pretendere, ed è quella d'aver avuto tanto core di correr con voi uno stesso aringo; ancorchè un sì fatto coraggio non sia veramente farina della mia madia, ma debbasi in gran parte ascrivere alla necessità di dovervi ubbidire.


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Lettere inedite a Lorenzo Magalotti
di Vincenzo da Filicaia
Tipografia Nistri Pisa
1885 pagine 36

   





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