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      Fra le cagioni non misteriose delle rovesciate sorti di Napoleone havvi questa, che negli anni per lui felici, malgrado i molti e gravi suoi torti, egli era tuttavia il primo soldato del progresso umano, e perciò aveva con sè i popoli; negli ultimi anni, per lo contrario, egli era divenuto, se non il capo, certamente il più terribile istrumento della causa retrograda; e perciò aveva sollevato contro di sè il sentimento collettivo delle nazioni.
      Tornato dall'isola d'Elba, che eragli stata data in sovranità, Napoleone rientrò in Parigi addì 20 marzo 1815, principio dei così detti cento giorni. Promulgò una costituzione liberale, convocò le due camere all'inglese: ma troppo tardi. Avevano accordato una simile costituzione anche i Borboni, al loro ritorno nel precedente anno; ed il popolo non poteva aver fede in un liberalismo Borbonico, nè in quello di Napoleone. Intanto un esercito Inglese, un altro di Prussiani, un terzo di Austriaci, un quarto di Russi, arrivarono quasi simultaneamente ai confini francesi. Napoleone non aveva in pronto che un esercito di centoventi mila uomini; gli alleati ne avevano quattro o cinque volte di più.
      Non eravi possibilità di riuscimento pel reduce imperatore che nel solito artifizio strategico del quale egli era sovrano maestro, cioè tentare di battere successivamente i nemici divisi. Stavano per congiungersi insieme presso Bruxelles, nel Belgio, i Prussiani sotto la condotta dell'impetuoso Blucher, e gl'Inglesi sotto il duca di ferro, l'inflessibile Wellington.


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Storia di un secolo dal 1789 ai giorni nostri
di Quirico Filopanti
Sonzogno Milano
1891-1892 pagine 307

   





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