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      Nel quarto articolo si volle soppressa la menzione della Costituente Italiana, superiore, nel mio concetto, alla locale Assemblea Romana. Fu sostituita la seguente forma troppo vaga:
      «La Repubblica Romana avrà col resto d'Italia le relazioni che esige la nazionalità comune.»
      Il quinto ed ultimo degli articoli da me proposti, il quale mirava ad una specie di blando e generico, ma giusto, necessario e doveroso socialismo, fu respinto. Non ebbe a suo favore che due voti: il mio e quello di Carlo Bonaparte.
      Il complesso del decreto fondamentale, ridotto così a quattro soli e concisi articoli, fu approvato da centoventi rappresentanti. Undici altri votarono pel no; dodici dichiararono di astenersi.
      Erano le due del mattino del giorno 9 febbrajo 1849, quando fu compiuta, per appello nominale, la votazione. Dalle stipate tribune pubbliche, e dalla folla che estendevasi anche fuori dell'aula legislativa, proruppero con entusiasmo gli applausi e le grida: viva la Repubblica; le quali si ripeterono per le vie della città anche nella notte stessa. Tuonò per segno di pubblica gioia il cannone della mole Adriana, suonò la campana dal Campidoglio: i corpi di guardia furono illuminati. A mezzogiorno Giuseppe Galletti, presidente dell'Assemblea, lesse alla folla del popolo plaudente il decreto fondamentale della Repubblica Romana dal verone del Campidoglio. Quel semplice decreto tenne luogo di costituzione della repubblica, per tutto il tempo che essa durò. Un più sviluppato Statuto nominale, con sessantanove articoli, fu più tardi, e lungamente elaborato da una commissione, con Cesare Agostini per relatore, e sommariamente votato dall'Assemblea, quasi a guisa di un'indiretta protesta, negli estremi istanti della repubblica, cioè il giorno 3 di luglio, quando i Francesi erano già padroni di tre porte della città.


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Storia di un secolo dal 1789 ai giorni nostri
di Quirico Filopanti
Sonzogno Milano
1891-1892 pagine 307

   





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