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      Infrattanto le camicie rosse andavano inoltrandosi; i borbonici a grado a grado indietreggiavano verso Capua. Nella sera, la battaglia del Volturno divenne una finale e decisiva vittoria di Garibaldi, de' suoi volontari e della causa dell'unità e libertà italiana.
      Alcuni amici personali di Garibaldi, e fra essi Giuseppe Mazzini, recatosi per quel fine a Napoli, consigliavano il dittatore a proclamar la Repubblica. Egli però, riflettendo qual grave pericolo sarebbe stato per l'Italia il promuovere un seme di divisione nazionale e di creare una inimicizia della Francia imperiale contro di noi, in aggiunta all'antica nimistà dell'Austria, si tenne fermo al motto col quale aveva salpato da Quarto: Italia e Vittorio Emanuele. Conseguentemente, egli convocò, nel giorno 21 ottobre 1860, tutti gli adulti maschi, di 21 anni compiti, tanto della Sicilia che delle provincie napolitane di qua dal Faro, ad un solenne plebiscito in risposta a questa domanda: «Volete l'Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele re costituzionale, e suoi legittimi successori? Sì, o no?» Ad immensa maggioranza risposero: sì.
      Il novello Cincinnato abdicò lealmente la sua temporanea sovranità sopra 9 milioni di Italiani, ed il 9 novembre 1860 s'imbarcò quietamente per tornar a coltivare i suoi campi nell'isoletta di Caprera, portando seco tremila franchi, prestatigli da Adriano Lemmi, ed un sacco di fagiuoli da seminare. Prima però andò incontro a Vittorio Emanuele; e trovollo a Sessa. Erano ambedue a cavallo.


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Storia di un secolo dal 1789 ai giorni nostri
di Quirico Filopanti
Sonzogno Milano
1891-1892 pagine 307

   





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