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      Allora si ritirassero di corsa nel sobborgo.
      Tutto ciò fu eseguito bene e senza perdita, essendo già notte. L'incendio delle fascine si comunicò alla porta. Essa abbruciava lentamente, ma verso la mezzanotte cadde. Allora tutti i volontarii entrarono in fretta, passando sulle bragie. Entrò pure il generale a piedi, sorreggendosi col suo bastone. I francesi eransi ritirati nel Castello.
      Restava a prendersi il castello stesso, ossia palazzo di Piombino. Tiravamo contro di esso delle fucilate senza frutto. Garibaldi mi diede ordine di minare il castello. Mentre io studiava il modo di eludere la grave difficoltà della quasi totale mancanza di polvere, alcuni volontari, penetrati nelle scuderie del principe di Piombino, diedero fuoco alla paglia. Il fumo spaventò le donne che abitavano nel castello, e fra esse la moglie del governatore pontificio. Le loro grida ed il timore dell'incendio del castello, indussero il colonnello comandante la legione d'Antibo ad arrendersi. Allora il generale Garibaldi mi diede un ordine più gradevole e che fu facilmente eseguito: spegnete l'incendio, poichè ora il castello è nostro. Gli Antiboini furono mandati inermi nel territorio del regno, dove il governo italiano li mise in libertà.
      La presa di Monterotondo non fu un gran fatto, ma è il principale e quasi unico buon successo di quella campagna. Di là, recando con noi il piccolo ma importante trofeo di due cannoni che avevamo catturati, ci avanzammo a Castel Giubileo, luogo dell'antica Fidene. Si voleva passare l'Aniene, ma i papalini avevano rotto il ponte e ci mancava qualsivoglia materiale ed istrumento per ristabilire il passaggio.


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Storia di un secolo dal 1789 ai giorni nostri
di Quirico Filopanti
Sonzogno Milano
1891-1892 pagine 307

   





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