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      Dopo la sabbia, erba e vestigia incerte di un sentiero tra un denso fogliame di viti; poi larghi scalini nerastri, sconnessi, a cui si giungeva per fianco. Non se ne vedeva né principio né fine; solo si udiva verso l'alto e verso il basso un discorrer modesto di acqua cadente. La guida scendeva cauta per quelle pietre mal ferme che rendevano un suono metallico. Nella fioca luce della lanterna apparivano, a intervalli regolari, due tronchi enormi e due grigie figure umane, ritte, immobili a fianco della scalinata. Finalmente gli scalini cessavano, minuta ghiaia rosea passava sotto la lanterna, grandi foglie di arum le passavano a fianco, e lì presso, nel buio, uno zampillo gorgogliava quietamente il suo racconto blando. La guida prese a sinistra, girò il canto di un alto edificio, salì due scalini e introdusse ossequiosamente il nuovo arrivato per una gran porta a vetri.
      Nel vestibolo illuminato c'era un signore vestito di nero da capo a piedi, che gli venne incontro facendo inchini profondi e stropicciandosi le mani a tutt'andare.
      Benvenuto, signore. Il signor conte si è ritirato, perché l'ora è un poco, come si dice?... un poco tarda, tarda; il signor conte ha incaricato me di fare le sue scuse. Appunto ho l'onore di essere il segretario del signor conte. Prego, signore, si accomodi, prego. Io credo che il signore avrà bisogno di un poco di ristoro: oh! prego, prego.
      Il cerimonioso segretario mise l'ospite per una scala signorile e lo accompagnò sino al primo piano. Colà, ottenutane la promessa che sarebbe ridisceso a cena, lo affidò al servo, ed andò ad aspettarlo in un salotto dove era preparato da cena per due e dove l'altro commensale non tardò a comparire.


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519