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      Marina fece aprir le imposte e si gittò sul davanzale di una finestra, tuffando il capo nel buio, nel vento, nel fragore misto delle onde e dei boschi, tutto voci di rampogna e di minaccia che le parevano amiche dell'irritato conte; piene in pari tempo di una potenza superiore e malvagia.
      Marina restò lì lungo tempo, affascinata, senz'avvedersi dell'affaccendarsi febbrile, delle commosse esclamazioni di coloro che, dietro a lei, mettevano all'ordine la camera, vi portavano masserizie e biancherie. Più volte in passato le erano comparse immagini non evocate di luoghi solitari e selvaggi in cui il suo pensiero posava un momento, senza desiderio né ribrezzo. Adesso le tornavano a mente. Ricordava qualche cosa di simile a questo nero deserto. Alla Scala? Sì, una notte, al veglione della Scala; un'altra notte, in casa sua, coricandosi dopo una gran festa, le era balenata una tetra visione di solitudini montane. Non s'era curata di quei fantasmi. Ed ora, ecco il vero.
      Signoradisse timidamente Giovanna.
      Marina non rispose.
      Signora!
      Silenzio.
      Signora donna Marina!
      Questa trasalì e si voltò bruscamente.
      Non c'era più che la vecchia in camera: gli altri se n'erano andati.
      Ebbene?
      diss'ella.
      Per questa sera avrà pazienza così. Domani speriamo che il signor padrone cambierà idea. Se no, cercheremo di fare un po' meglio. Comanda qualche cosa?
      Sicuro.
      Data questa laconica risposta, Marina piantò lì l'attonita vecchierella, fece due o tre giri per la stanza e le tornò davanti.
      Questo diavolo? Dov'è questo diavolo?


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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