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      Anche il vecchio giardino ebbe un ritorno di giovinezza e di civetteria dopo la venuta di Marina. Nuovi fiori si addensarono nelle aiuole, una fascia di ghiaia immacolata le cinse. E foglie e fiori furono composti all'ossequioso giardiniere nel nome della marchesina, in mezzo alla grande aiuola ovale tra l'aranciera e il viale lungo il lago. Perché il giardiniere e gli altri servi guardavano a lei come all'avvenire e gareggiavano di zelo per conciliarsene il favore. Tranne Giovanna, però. Giovanna non guardava così lontano, non aveva timori né speranze, devota al padrone, rispettosa verso la "signora donna Marina", seguitava quietamente la sua vita.
      Del conte non si può dire che andasse rimettendosi a nuovo come parte della sua casa, né che rifiorisse come il suo giardino. Ma pure anche la sua persona e il suo volto riflettevano qualche nuovo lume, perché la gioventù, la bellezza e la eleganza, unite in una persona, irradiano intorno a sé, volere o non volere, uomini e cose. Si radeva più spesso, non gli si vedevano più certi cappelli archeologici da spaventare le passere, certi zimarroni ereditati in apparenza dall'antenato di ferro.
      Steinegge, con Marina, era ossequioso e freddo. L'aveva preceduta al Palazzo d'un mese appena: strano segretario, incapace di scrivere due righe d'italiano corretto. Il conte l'aveva preso, sulla raccomandazione del Marchese F. S. di Crema, per spogli e traduzioni sì dal tedesco che dall'inglese, la quale ultima lingua, Steinegge, figlio di una istitutrice di Bath, conosceva perfettamente.


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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