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      Un giorno, mentre Steinegge le parlava con molto calore d'ideali femminili tedeschi, di Margherita e di Carlotta, ella gli disse con la sua indifferenza aristocratica: "Sa che effetto mi fanno Loro tedeschi?" E gli espose quell'amabile paragone. Mentre parlava, sul viso giallastro di Steinegge correva fuoco sino alla radice dei capelli, e gli occhi gli si stringevano in due scintille. Quando Marina ebbe finito rispose: "Signora Marchesina, questa vecchia pipa rotta ha avuto fiamma e avrà: intanto io Vi consiglio molto non toccare perché brucia." Da quel giorno Steinegge tenne per sé complimenti e squarci poetici.
      Marina aveva il suo disegno: conquistar lo zio, impadronirsene del tutto, farsi portare almeno per qualche mese a Parigi o a Torino o a Napoli, in qualunque gran corrente di vita e di piacere che non fosse Milano; navigare con questa e commettere il resto alla fortuna. Lo aveva concepito la sera stessa del suo arrivo al Palazzo, dopo essersi misurata con il conte e averne assaggiato il metallo. Lottò prima di decidersi, con il cuore altero che non voleva piegarsi a simulazioni, benché si sentisse morire, lì dentro, di scoramento. Rimediato allo strappo di quella prima sera con un contegno dignitoso e tranquillo, cominciò poco a poco a lodare il Palazzo, il giardino, i cipressi aristocratici, il lago, le montagne, il soggiorno, come persona che s'adagia in un riposo nuovo, ne piglia volentieri le abitudini e sente penetrarsi di benevolenza per le cose stesse che la circondano.


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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