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      Infatti la era una partita come quelle che i venti giuocavano qualche volta sul piccolo lago, sfiorandolo appena, facendovi correr su le veloci, da opposte parti, piccole macchie brune, mentre la guerra grossa urlava in alto, sopra le cime delle montagne fra i nuvoloni pieni di mistero e di inimicizie.
      Sono quidisse Silla entrando, e si fermò sui due piedi. Come mai non c'era nessuno? Si accostò allo scacchiere. La partita non era terminata: tutt'altro; dopo che l'aveva lasciata lui non s'erano fatte che due mosse. Si guardò attorno e, visti sopra una sedia il cappello e la mazza del dottore, suppose che almeno costui sarebbe tornato presto e si mise alla finestra.
      Pensò alle parole del conte sulla uguaglianza politica, sui privilegi della nascita. Era una fosca nube che sorgeva davanti a lui. Veramente, non aveva studi speciali in questi argomenti, ma dall'Università in poi era stato nutrito d'idee opposte a quelle del conte, avea respirato la vibrata aria democratica della società moderna e ora non credeva quasi possibile che un repubblicano come il conte avesse simili convinzioni. Adesso intendeva certe frasi, discorsi precedenti del conte, di cui, a prima giunta, non aveva potuto afferrare il senso e rimproverava se stesso di aver troppo leggermente accondisceso a farsi suo collaboratore.
      Quando il conte gli aveva manifestato il tema del lavoro che aveva in animo di affidargli e a cui proponeva questo titolo: Principii di politica positiva, Silla avea bene espresso le sue riserve sulla questione che vi si dibattesse fra la repubblica e la monarchia, ma non aveva pensato a quest'altro dissidio.


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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