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      Mi prenderete in mala parte se parlo schietto? C'è anche questa, che se mio fio lo viene a sapere che vi faccio certi discorsi, poveretta me, non ho più bene, non ho più pace. Mi raccomando, Cesare. Volete che ve lo dica? Questa cosa mi fa groppo in gola, stento a buttarla fuori. È una umiliazione grande, è una cosa contraria al mio carattere, ma i fatti sono fatti, il dovere è dovere.
      La contessa posò il ventaglio sul tavolo, si ripose il fazzoletto in tasca, si riannodò la cuffia, e poi ricominciò lenta e grave:
      Ecco qua. Pur troppo la famiglia Salvador di adesso non è più la famiglia Salvador di una volta. Il povero Alvise è stato molto disgraziato nei suoi affari; e poi abbiamo avuto il 48, e s'è fatto quel che s'è fatto. Non faccio per dire, ma se non era la roba mia i Salvador sarebbero andati a pescar moleche. La roba mia, quando Alvise mi sposò, era tanta. Magari fosse vissuto ancora, benedetta l'anima sua! Si sarebbe in malora; ma contenti. Di quei pensieri, di quelle fatiche, di quelle privazioni ho avuto, figlio caro, che non Vi dico niente. Sempre mangiacarte per casa. Le campagne in man dei ladri; il fattore, capo. Mangia tu che mangio anch'io. Con duemila duecento campi in Polesine, mi toccava di comperare il riso per famiglia; non Vi dico altro. Oh Dio, che vita! Basta, a forza di stenti e di sacrifici, si drizzò la barca. Ma a questo punto dipende da Nepo che non si torni indietro; tutto dipende dal matrimonio che farà Nepo. E adesso ditemi, Cesare; se colla vostra bontà, se col vostro gran cuore non aveste raccolto quella povera Marina, come vivrebbe?


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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