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      La contessa non poteva darsi pace di questa cattiva direzione della diplomazia italiana, sbuffava, voleva che il Finotti insegnasse la strada buona al re, che la insegnasse ai ministri. Se i ministri non potevano impararla si cambiassero, questi stolidi, si buttassero in acqua. Figurarsi, se a Venezia sapessero queste cose! Già, ell'aveva visto a Milano il ritratto del ministro in capo; a cosa doveva esser buono, la me anima, con quel dio di naso?
      Nepo la interruppe, rosso, rosso, dicendole che di politica lei non capiva niente e che la finisse con tante sciocchezze. Fu come un rovescio d'acqua diaccia. Steinegge aggrottò le ciglia, gli altri tacquero. La contessa Fosca, avvezza a questi omaggi filiali, osservò tranquillamente che spesso le donne hanno più politica degli uomini.
      Sempredisse il Vezza "e il gabinetto di Torino non val niente in confronto del Suo, contessa." Anche il Finotti e lo Steinegge si stemperarono in complimenti. Nepo si trovò impacciato, si adattò con ambe le mani l'occhialino sul naso, e facendosi vento col fazzoletto, uscì in loggia.
      Mentre egli vi metteva piede, Marina pure vi entrava dalla parte opposta.
      Ella vide Nepo, parve esitare un momento, andò lentamente ad appoggiarsi alla balaustrata verso il lago, nell'ombra di una colonna: e voltò la testa a guardar suo cugino.
      Nepo non poteva dare addietro. Avrebbe voluto parlar con sua madre, saper da lei precisamente come fosse andato il colloquio con il conte Cesare, prima di muovere un passo avanti; ma poiché sapeva che le cose in complesso eran procedute bene, come mai ritirarsi davanti al silenzioso invito degli occhi di Marina!


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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