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      Silla taceva come i Salvador. La contessa lo squadrò ben bene fin dalla minestra, nel chinarsi sul cucchiaio, e poi ogni volta che il cameriere gli presentava le vivande. Ella soffriva evidentemente di dove tacere, gittava a Nepo delle occhiate espressive, che dicevano "parlo, non ne posso più" ma Nepo la fissava con i suoi grossi occhi miopi, le chiudeva la bocca.
      Alla fine del pranzo venne la Giovanna, le disse all'orecchio che il padre Tosi si disponeva a partire e desiderava avere prima un colloquio colle persone di famiglia, com'era inteso col signor avvocato.
      Avvertite la marchesinarispose Fosca.
      L'ho già avvertita, ma dice che non può venire.
      Ditele che si andrà noi da lei.
      Oh, ha già detto che non vuol nessuno.
      Silla si levò subito da tavola e, fatto un tacito saluto, se n'andò.
      L'ha capitadisse Nepo. "Potete dirci voi, Giovanna, come è venuto quel signore lì e chi gli ha detto di fermarsi?"
      Come sia venuto non lo so. Di fermarsi, magari l'ho pregato anch'io perché so che al signor padrone gli è tanto rincresciuto quando è andato via e ho idea che se lo potrà riconoscere, gli farà tanto bene di vederlo. Mi aveva fin detto il signor padrone di tenergli la stanza sempre pronta pel caso che avesse a ritornare.
      Voi non dovete pregarlo niente affattodisse Nepo. "In questa circostanza dovevate prendere gli ordini dalla marchesina e quasi anche i miei, posso dire. E adesso avvertite il padre che noi lo aspettiamo nella camera della contessa Salvador. - Anche Lei, sa, commendator Vezza, come amico di mio zio.


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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