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      Quando aveva finito, ricominciava. Nepo taceva sempre, ingrugnato; solamente, se sua madre alzava troppo la voce, le faceva un gesto iracondo. Ella resisteva, sulle prime; gli diceva: "E cosa fai tu col tuo tacere?" Ma Nepo s'inviperiva. Allora la povera donna diventava umile, piagnucolosa; ripeteva: "Nepo, la è matta! Nepo, la è matta!"
      Voleva chiamar l'avvocato, consultarlo. Nepo si oppose tanto risolutamente ch'ella credette leggergli in viso un proposito, un piano bell'e pronto. Gli domandò che intendesse fare.
      Aspettarediss'egli "non comprometter niente."
      Per la donazione, caro, ho paura. Adesso la va peggio.
      Aspettareripeté Nepo.
      Bel discorso!
      Egli scosse via l'occhialettto, prese sua madre per le braccia, le immerse gli occhi negli occhi e disse con voce soffocata:
      Se non c'è testamento?
      La contessa pensò un poco, guardandolo.
      Resta tutto suo?
      diss'ella. "Tutto di Marina?"
      Nepo si tirò indietro, allargò le braccia.
      Eh!
      diss'egli: e soggiunse: "Allora ci penseremo."
      Seguì un lungo silenzio.
      Perdi un bottone, visceredisse la contessa piano con dolcezza.
      Nepo si guardò il bottone che gli penzolava dall'abito, rispose nello stesso tono:
      Momolo che non guarda mai. Vado a vedere del conte.
      E il tiro di stasera?
      disse la contessa mentre egli se ne andava. "Bello, sai!"
      Per quello non ho nessun pensierodisse Nepo. "Intanto hai sentito Catte, come li ha visti tornare a casa. Credo poi, anche a giudicare dalle parole di Marina, che né scuse né complimenti gliene abbia fatti certo. Vedrai che domattina, per non dire stanotte, l'uomo se ne va.


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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