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      Il giovane amico, ch'era del resto un lettore di facce infinitamente più sagace e pronto di lui, capì subito ch'egli aveva pensato ad una data lettera e gli chiese, mentre il caffè stava posando, se fosse in grado di spiegar quell'allucinazione. Il professore si affrettò a rispondere di no, ma tosto pronunciato il no lo attenuò con parecchi altri no misti a inarticolati brontolii: "eh no - no già - non saprei - insomma no". Franco non insistette e ne seguì un altro silenzio alquanto significativo. Preso il caffè con molti involontari segni d'inquietudine, il professore propose bruscamente d'andare a letto. Franco, dovendo ripartire prima di giorno, preferì non coricarsi ma volle che si coricasse l'amico, e l'amico, dopo infinite proteste e cerimonie, dopo aver esitato fin sulla soglia della porta con la sua scodella d'acqua sedativa in mano, fece di colpo un volta faccia, si gittò alle spalle un "addio" e scomparve.
      Rimasto solo, Franco spense il lume e si distese sulla poltrona con la buona intenzione di dormire, cercando il sonno in qualche pensiero indifferente, se gli fosse possibile di fermarvisi. Non erano passati cinque minuti quando fu picchiato all'uscio e subito entrò precipitosamente, senza lume, il professore dicendo: "Insomma sono qui!". "Cosa c'è?", esclamò Franco. "Mi rincresce che ho spento." Si sentì in pari tempo le braccia del buon Beniamino intorno al collo, la sua barba, la canfora e la voce sul viso.
      Caro caro caro caro don Franco, io ho un peso enorme sul cuore, non volevo parlare adesso, volevo lasciarla quieto ma non posso, non posso, poss no, poss no, poss no!


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Piccolo mondo antico
di Antonio Fogazzaro
pagine 421

   





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