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      E mi torna in drio e vaghe drio a ste giozze e drio e drio, e rivo a la porta; Controllore mio gentilissimo, le giozze le va in zoso. Quela b...
      A questo punto la voce della serva scattò come la sveglia d'un orologio e non ci fu più "tasì!" che valesse a fermare quello stridente getto continuo di parole rabbiose. Ci si provò Pasotti e, non riuscendo, uscì dai gangheri anche lui con un "O fiolonona!" e proseguì a tirarle improperi, a ciascuno dei quali il signor Giacomo faceva un sommesso accompagnamento di gratitudine. "Sì, linguazza, bravo, ghe son obligà. Sì, stria, bravo. Impiastro, sì signor. Ghe son obligà, Controllore gentilissimo, ghe son propramente obligà."
      Quando la Marianna parve sopraffatta e chetata, Pasotti disse al signor Giacomo che aveva bisogno di parlargli. "No go testa", rispose l'ometto. "La me perdona, me sento mal."
      Eh no go tescta, no go tescta!
      , vociò la Marianna rediviva. "Ch'el ghe disa inscì ch'el coo el l'avarà perduu a andà de nott a trovà i tosann a Castell!"
      Tasì!
      , urlò il Puttini; e Pasotti, con un ghigno diabolico: "Come come come?". Visto ch'egli entrava in furore, lo afferrò per un braccio, con parole di pace e d'affetto, lo trascinò via, se lo portò a casa, chiamò sua moglie; e per chetare il povero ranocchio, per pigliarselo comodamente fra gli artigli, intavolò un tarocchino in tre.
     
      Se la signora Barborin giuocava male, il signor Giacomo, meditando, ponderando e soffiando, giuocava peggio. Era un giuocatore timidissimo, non si metteva mai solo contro gli altri due.


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Piccolo mondo antico
di Antonio Fogazzaro
pagine 421

   





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