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      È un bel pescione, corto, grosso, dal ventre giallo e dal dorso scuro che viene in su dal fondo quasi supino e per isghembo, con mala volontà.
      Le tre facce non gli piacciono perché volta loro di colpo la coda e sbattendola fa un'altra punta furiosa verso il fondo. Finalmente, spossato, segue il filo, arriva sotto il muro con la pancia dorata all'aria. La Peppina, rovescioni sul parapetto, stende giù quanto può la sua pertica per imborsar il malcapitato e non le riesce. "Per el müson!", grida suo marito. "Per la cua!", strilla Ratì. A quello strepito, alla vista di quel pauroso arnese, il pesce si dibatte, si tuffa; la Peppina si arrabatta invano, non trova il "müson", non trova la "cua"; il Biancòn tira, la tinca trascinata a galla si aggomitola e con una potente spaccata rompe il filo, strepita via tra la spuma. "Madòne!", esclama Ratì; la Peppina seguita a frugar l'acqua con la sua pertica; "dova l'è sto pèss? dova l'è sto pèss?", e il Biancòn che era rimasto petrificato col filo in mano, si volta furibondo, tira un calcio a Ratì, afferra sua moglie per le spalle, la scuote come un sacco di noci, la carica d'improperi. "L'è andada, scior Recitòr?", fa il sedentario, mellifluo. Il Cüstant volta un poco la tuba, guarda il luogo della catastrofe, torna alla contemplazione del suo pacifico sughero e brontola in tono di compatimento: "Minga pràtich!".
      Intanto la tinca ritorna alle native alghe profonde, malconcia ma libera come il suo simile, il Piemonte, dopo Novara; ed è dubbio se al povero ingegnere in capo toccherà la stessa fortuna.


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Piccolo mondo antico
di Antonio Fogazzaro
pagine 421

   





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