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      Il Commissario, seduto al posto d'onore, sul canapè grande, presso l'ingegnere in capo, parlava molto, con grande facilità e brio, guardando di preferenza Franco come se Franco fosse il solo per il quale valesse la pena di spendere fiato e spirito. Franco stava in una poltrona, muto, ingrugnato quale chi sta in casa altrui e sente un puzzo che non può convenientemente fuggire né maledire. Si discorreva della campagna di Crimea e il Commissario magnificava il piano degli alleati di attaccare il colosso in un punto vitale per le sue ambizioni, parlava della barbarie russa e persino dell'Autocrata in modo da far rabbrividire Franco per il timore di un'alleanza anglo-franco-austriaca e da far strabiliare il Carlascia che aveva le idee del 1849 e vedeva nello Czar un grosso amicone di casa. "E Lei, signor primo deputato politico", disse il Commissario volgendo il suo giallastro sorriso ironico al signor Giacomo, "cosa ne dice Lei?" Il signor Giacomo batté gli occhietti e, palpatesi alquanto le ginocchia, rispose: "Mi, signor Commissario riveritissimo, de Russia né de Franza né de Inghilterra no me ne intendo e no me ne intrigo. Lasso che i se la despàta. Ma mi, ghe digo la verità, me fa pecà el poro can del Papuzza. Lü xe quieto come un polesin e questi ghe fà momò: lü no ciama agiuto e quei core in zinquanta a giutarlo, e intanto i ghe xe adosso tuti, e magna che te magna, el poro Papuzza, sia ch'el vinza, sia ch'el perda, el me resta in camisa".
      Con questo nomignolo di Papuzza (babbuccia), il signor Giacomo designava venetamente il Turco.


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Piccolo mondo antico
di Antonio Fogazzaro
pagine 421

   





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