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      Durante quella pessima convalescenza del cuore che lo tiene debole e molle, in continuo pericolo di ricadere, egli si era troppo poco guardato dal bel visino brioso, dagli occhi vivaci, dalla gaiezza scintillante della principessina del Niscioree, come la chiamavano i Maironi. Ella era così diversa nello spirito e nel corpo dalla signora Teresa, la sua persona vigorosa nelle forme della grazia più squisita suggeriva l'idea di un amore così lontano da quell'altro, che al professore pareva di poterle volere bene senza offendere la santa immagine della madre di Luisa. Infatti egli santificò sempre maggiormente questa immagine, la spinse in su in su verso il cielo, tanto in su che qualche nuvola cominciò a passare fra lui e lei; prima eran cirri, adesso eran cumuli e stava per giungere uno strato definitivo. Egli era più timido ancora con donna Ester che non lo fosse stato con la signora Teresa. Aveva del resto un inconscio bisogno di amare senza speranza per potersi poi compiangere, per la voluttà di un doppio intenerimento, verso una bella creatura e verso se stesso. E la sua timidezza era pure contenta di possedere una scusa in quella gran differenza d'età e di aspetto. Però col non far alcuna difesa contro gli occhi maliziosi, i folti capelli biondi, il sottile collo di neve, col bersi e ribersi nel cuore la voce fresca, il riso d'argento, l'uomo si metteva in pericolo di cuocere intollerabilmente.
      Ester, che a ventisette anni ne mostrava venti salvo che nella morbidezza delle movenze e in una certa occulta, deliziosa scienza degli occhi, non aveva desiderato di pescar quell'amante rispettabile ma lo sentiva preso e se ne compiaceva, stimandolo un grande ingegno, un sapientone.


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Piccolo mondo antico
di Antonio Fogazzaro
pagine 421

   





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