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      Franco accennò a sua moglie di tacere, di non svegliare Maria. Poi, ancora con un silenzioso gesto, la chiamò a sé.
      Parto
      , le disse piano. "Ieri sera sono stato cattivo, con te. Ti domando perdono. Dovevo risponderti diversamente, anche avendo ragione. Tu conosci il mio temperamento. Perdonami. Almeno non serbarmi rancore."
      Per parte mia non ne sento affatto
      , rispose Luisa con dolcezza, come uno che facilmente è benigno perché si sente superiore.
      Gli ultimi preparativi furono fatti in silenzio, il caffè fu preso in silenzio. Franco andò ad abbracciare lo zio che non aveva salutato la sera, poi entrò solo nell'alcova, si inginocchiò al lettuccio di Maria, sfiorò col labbro una manina che pendeva dalla sponda. Ritornando in salotto vi trovò Luisa con lo scialle e il cappello, le domandò se veniva a Porlezza anche lei. Sì, veniva. Tutto era pronto, la borsa a mano l'aveva Luisa, la valigetta era in barca, l'Ismaele aspettava alla scaletta della darsena con un piede sullo scalino e un piede sulla prua del battello.
      La Veronica accompagnò i viaggiatori col lume, diede il buon viaggio al padrone, tutta compunta, avendo odorata la burrasca.
      Due minuti ancora e il pesante battello spinto da Ismaele con la remata lenta e tranquilla "di viaggio" passava sotto il muro dell'orto. Franco mise il capo al finestrino. Passarono, nel chiaror fioco della notte stellata senza luna, i rosai, i capperi, le agavi pendenti dal muro, passarono gli aranci, il nespolo, il pino. Addio, addio! Passarono il Camposanto, la "Zocca de Mainé", la stradicciuola fatta tante volte con Maria, il Tavorell.


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Piccolo mondo antico
di Antonio Fogazzaro
pagine 421

   





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