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      11. Ombra e aurora
     
      Franco, appena ricevuto il telegramma, corse all'ufficio dell'Opinione in via della Rocca. Dina, vedendolo torbido, gli disse: "Oh! Lo avete saputo?". Franco si senti gelare il sangue, ma Dina, quando udì del telegramma, fece un atto di stupore. No no, non sapeva nulla di questo. Era stato informato da parte del Presidente del Consiglio che la Polizia austriaca aveva fatto perquisizioni ed arresti in Vall'Intelvi e che fra le carte di un medico si era trovato il nome di don Franco Maironi con indicazioni assai compromettenti. Dina soggiunse che in un momento così angoscioso per un padre non osava quasi dirgli perché il conte di Cavour si interessasse a lui. Gliene aveva parlato egli stesso, Dina, e il conte s'era mostrato dispiacente che un gentiluomo lombardo di così bel nome si trovasse a Torino in condizioni dure e oscure. Dina credeva ch'egli avesse intenzione di offrirgli un impiego al Ministero degli Esteri. Ora Franco doveva partire, certo. La bambina guarirebbe ed egli ritornerebbe nel più breve tempo possibile. Intanto si fermerebbe a Lugano, non è vero? in attesa di notizie; e se non fosse proprio necessario non si arrischierebbe mica di entrar in Lombardia. Con quest'affare di Vall'Intelvi sarebbe un'imprudenza enorme. Franco tacque e il suo direttore, nel congedarlo, insistette: "Abbia prudenza! Non si lasci prendere!", ma non ebbe alcuna risposta.
      Dal momento in cui aveva ricevuto il telegramma, Franco aveva camminato su e giù per Torino come in sogno, senza udire il suono dei propri passi, senza coscienza di ciò che vedeva, di ciò che udiva, andando macchinalmente dove gli occorreva, in quella congiuntura, di andare, dove lo portava una facoltà inferiore e servile dell'anima, quel misto di ragione e d'istinto che ci sa guidare per il labirinto delle vie cittadine, mentre lo spirito nostro, fisso in un problema o in una passione, niente se ne cura.


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Piccolo mondo antico
di Antonio Fogazzaro
pagine 421

   





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