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      Si avviò con l'ospite verso la villa senza parlare, pensando a levarsi d'impaccio e preparando difese, vecchio e infiacchito come si sentiva. Anche Maironi camminava preoccupato e taciturno. Don Giuseppe fu il primo a sentir la molestia di quel silenzio, chiese notizia degli Scremin. Poi si fermò e guardò Piero sorridendo con certa innocente malizia.
      È verodiss'egli, "quello che mi hanno detto del marchese?"
      Cosa?
      Che presto sarà fatto senatore?
      Piero si strinse nelle spalle.
      Può darsirispose. "Non lo so. Non ne stupirei. Ma dica: io Le reco incomodo? Ella sarebbe rimasto fuori, ora?"
      Don Giuseppe protestò e si confermò nell'idea che il sindaco fosse venuto per uno scopo determinato. Presso il cancello del cortile convenne ai due di arrestarsi per una torma di buoi che andavano all'abbeveratoio.
      Sudditi suoi?
      fece Maironi. "Cento volte migliori di certi sudditi miei, gliel'assicuro."
      L'accento fu così amaro che don Giuseppe, stupito, esclamò:
      Dispiaceri? Ha dispiaceri al Municipio?
      No, no, nos'affrettò a rispondere Maironi. "Questo non importa affatto. Dicevo per dire."
      V'era dunque un'altra cosa che importava. Don Giuseppe introdusse l'ospite nella sala del biliardo e lo invitò a sedere.
      Scusidisse Maironi, restando in piedi. "Se mi permette, Le vorrei parlare." E poichè don Giuseppe, con un cenno di assenso, insisteva per farlo sedere lì, lo guardò un poco senza rispondere. Il vecchio prete capì. "Come vuole, come vuole" diss'egli, e accostatagli una mano al braccio, lo avviò verso l'uscio che metteva in un suo freddo e umido studiolo.


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Piccolo mondo moderno
di Antonio Fogazzaro
Ulrico Hoepli Milano
1909 pagine 344

   





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