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      In fondo il colloquio con don Giuseppe gli aveva lasciato nell'anima gratitudine, riverenza nuova, tenerezza intensa per il santo vecchio e con questo una mistura di delusione, non avvertita in principio, manifestatasi poi a misura che ne veniva meditando le parole disgiunte dal suono dolce e grave della voce, dall'aspetto del viso pio, dall'aura dello spirito immacolato. Sospettava, in fondo, di non essere stato compreso nè conosciuto bene, sospettava che il consiglio di fuggire in una solitudine e di viverci partisse da un concetto inesatto della sua natura e fosse stato suggerito dal desiderio di sostituire al monastero, impossibile, uno stato simile allo stato monastico. Ora egli aveva sognato i sacrifici, le aspre penitenze; si sgomentava della vita inerte in una casa piacevole. Ah però, se Iddio lo aiutasse! Se la coincidenza strana del consiglio di don Giuseppe con la lettera di Valsolda significasse un disegno della Provvidenza! Quando si vide a fronte la fosca cintura e la torre merlata di Praglia pensò che forse, chi sa, nel silenzio dell'antico monastero la voce divina gli si farebbe udire. Lo urtò improvvisamente fuori de' suoi pensieri un fracasso di cavalli al gran trotto e di ruote sulla ghiaia. Una victoria che veniva dal monastero gli passò accanto, una voce nota gridò: "Maironi, Maironi! Ferma, ferma!". La carrozzella si fermò, un giovanotto elegante, saltato dalla victoria, corse allo sportello. "Finalmente" diss'egli con uno spiccato accento toscano. "Vede, signor sindaco, che improvvisata!


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Piccolo mondo moderno
di Antonio Fogazzaro
Ulrico Hoepli Milano
1909 pagine 344

   





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