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      Esperto di lei, delle sue vie mentali coperte e delle coperture caotiche, Piero comprese che il barlume di coscienza balenato nella parola dolorosa doveva essere svanito subito. Poi la suocera gli aveva detto con il suo apparente candore: "Andemo che xe ora", come se non sapesse delle nuove abitudini di Piero, il quale da Praglia in poi aveva rotto, per un sentimento di fiera lealtà, con tutte le pratiche. E la marchesa lo sapeva. Colto all'improvviso, Piero non seppe trovare lì per lì un pretesto di scusarsi, non osò ferire la vecchia signora che in cuor suo, malgrado tutto, venerava, e l'accompagnò in Duomo.
      Stanco della lunga veglia, delle angoscie patite nella immaginazione, aveva pieno il capo di sonno, di stupore e di tedio, il cuore intorpidito. Anche la passione vincitrice taceva in lui, come spossata. Non sentiva che uggia di sè, del luogo sacro, di doverci stare a forza. Gli davan fastidio le occhiate bieche dell'uomo acido, le facce compunte dei devoti stupidamente prostrati, come a lui pareva, ciascuno davanti a un piccolo specchio, guardandovi un piccolo Iddio della propria mente. Gli dava fastidio l'idea che quelle vecchiette e la signora Soldini e il Commendatore facessero in cuor loro, secondo era probabile, commenti alla sua presenza nella chiesa. Persino il devoto pregare della suocera gli pareva un eccessivo sdilinquimento. Mentre s'inacerbiva così contro tutto e contro tutti, cedendo a un soffio demoniaco di perversità, entrò nella cappella, a passo lento, preceduto dal chierico, il celebrante.


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Piccolo mondo moderno
di Antonio Fogazzaro
Ulrico Hoepli Milano
1909 pagine 344

   





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