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      La marchesa gli aveva parlato, in città, di certa iscrizione da far incidere in una medaglia, l'aveva pregato di dettarla, di commetterne il lavoro all'artefice; ma non era possibile che fosse venuta per questo.
      Dal canto suo la marchesa pareva infervorata a coprire il fine della sua venuta con un arruffìo di frasi mozze e incongrue, di complimenti sull'aspetto florido del vecchio, del suo giardino, sulla bellezza del laghetto giallognolo, ingrossato dalle piogge recenti, e di certe oche, sue tronfie navigatrici; le quali la condussero a parlare delle anitre che teneva lei e dei taglierini al brodo di anitre e dei gusti di Zaneto cui non piaceva l'oca. Don Giuseppe sorrideva, non sapendo che dire, secondava con qualche blando monosillabo quella parlantina disordinata e nervosa che finalmente, quando la povera signora sedette stanca sul canapè della sala, si spense. Allora toccò a don Giuseppe di parlare, di chieder notizie del marchese, e poi, con voce sommessa, esitante, anche dell'altra persona per la quale aveva celebrato pochi giorni prima, in Duomo.
      Una tristezza quieta comparve sul viso squallido della povera vecchia. "Ma!..." diss'ella. "Ecco!..." Non soggiunse parola e, durante il silenzio lungo che seguì, due lagrime le spuntarono negli occhi. Don Giuseppe sospirò accorato e chinò il viso riverente davanti alla grandezza recondita di quella creatura umile dalle parole incomposte, che celava il suo inesplorabile dolore, curva e mansueta sotto l'impero amaro della Divina Volontà.


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Piccolo mondo moderno
di Antonio Fogazzaro
Ulrico Hoepli Milano
1909 pagine 344

   





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